Il topo di fogna, il topo di campagna e il topo di soffitta
C’ era una volta un topo di fogna, piccolo di età, che era preso da un forte esaurimento dispettoso: un ticchio agli occhi e tanta tosse e irrequietezza e apprensione e bocca aperta.
Era già un anno che aveva addosso questo brutto pasticcio, che tutti presero a chiamarlo Topo Ticchio.
<<E’ lo stress!>>, sentenziò un vecchio topo che s’ intendeva un pò di medicina rattico-topica. <<E’ lo stress! E’ lo stress!: causa di tanti disturbi e malattie e morte da impazzimento. Perciò tu, Topo Ticchio, hai addosso tutto ‘sto pasticcio impasticciato. Ho studiato proprio ieri un trattato intitolato: “I topi son fregati: detersivi, plastica contraccettiva e buste di supermercato”. E’ un libro interessante!>>. Intanto, Topo Ticchio emetteva dalla bocca un pò di bava. Zio Topo riprese a chiacchierare con aria dotta: <<Dice l’ autore del libro, che è il Dottor Topolecchio, dice… Aspetta, prendo il libro e leggo l’ introduzione… Aspetta… Ecco! Ascolta: “… il benessere dell’ uomo è causa disastrante del nostro sistema di vita! ché modificando in bene provvisorio la sua vita, ha danneggiato e squilibrato l’ ecosistema di tutti gli altri esseri viventi di questo mondo che è rotondo. Il mondo rotondo è invaso da ogni tipo di veleno liquido e solido. La plastica contraccettiva, poi, è la più pericolosa per la nostra specie: perché piccola di forma, viene ingoiata facilmente da topi ingenui, causando così morte immediata per soffocamento.
Questo tipo di problema era completamente inesistente nella notte dei tempi, quando gli uomini e i topi vivevano insieme in caverne, palafitte e catapecchie. Io stesso ho avuto un topo figlio morto per soffocamento da plastica contraccettiva e da questa mia triste esperienza, che non auguro neanche ai gatti, è nato questo mio trattato: “I topi son fregati: detersivi, plastica contraccettiva e buste di supermercato”.
Per quanto concerne i detersivi, che sono pericolosissimi e danneggiano, in particolar modo, i topolini appena nati, voglio precisare, e preciso, un punto di grande importanza. E’ mio dovere precisarlo! ché se non lo precisassi precisamente avverrebbe di preciso la fine precipitosa della specie in un preciso contesto che precisamente vado ad analizzare con ogni qualsivoglia occorra precisione!…”>>.
Zio Topo chiuse il libro e lo ripose in un buco della fogna che serviva da cassetto. Poi guardò Topo Ticchio, che aveva in quel momento delle convulsioni, e continuò: <<Chiarissimo! Non ci sono dubbi! L’ autore di questo testo è un sagace topofognologista!… Ma che ti prende, Topo Ticchio? Oddio, oddio!: quello che tu hai è quasi schizofrenìa! E’ stress! Le fogne non son più com’erano ai miei tempi, quando ci passava dentro tanta roba genuina! Muoiono topi tutti i giorni e non sai come e perché!: li vedi la sera belli e forti e il giorno appresso brutti e morti! E’ un fatto triste, veramente! E quando i topi stentano a vivere, significa che il mondo sta proprio per morire! Mia nuora partorisce nove o dieci topolini ogni volta… Come son belli, così piccolini e rosa rosa! e con le minuscole zampettine si toccano il musetto che quasi non hanno… Poi, mentre li allatta, viene la Morte e li porta via! E lei ne mette al mondo altri e, poveretta, sembra quasi voler combattere, con tante nascite, la Morte…>>.
Il giovane topo continuava ad essere nervoso e a tossire e ad aprir la bocca a scatti e ticchettava velocemente con gli occhi; sbavava ogni tanto e all’improvviso decise di dir qualcosa, nevroticamente: << Proprio così non posso secondo me proprio guarire ché l’ altro giorno mi sentivo un poco meglio e decisi di fare una nuotata nell’acqua della fogna e mi ci misi dentro calmo calmo e fui colpito in pieno da tanta schiuma verde e un bustone m’ intrappolò soffocandomi e per fortuna mi vide Topo Buccia che era lì sul muretto della fogna e si tuffò e sfilacciò il bustone e mi tirò fuori e mi massaggiò il petto e le zampine e poi finalmente mi ripresi e poi non so come mi accompagnò alla mia tana… Oggi è il primo giorno che ho provato a metter fuori i miei baffetti>>.
<<Hai ragione: l’ acqua, e tutto quanto è qui dentro, sa ormai di veleno. Stress! Lo hai addosso tutto quanto, figlio mio! I tuoi occhi girano così veloci che mi mettono quasi paura>>.
<<Zio Topo>>, diceva Topo Ticchio sforzandosi, e gli sudava il muso e faceva tremare istericamente le zampettine, <<mi sento veramente tanto male, che a volte penso che sarebbe meglio morire. Di notte non dormo! Salto nel letto e mi vedo imprigionato in retoni di plastica e mi dibatto con forza e rosicchio freneticamente, a più non posso, ma non riesco a uscirne!…>>.
E mentre erano lì a parlare, arrivò Topo Postino che, con una bella busta gialla fra le zampe, cominciò a farfugliare, già da lontano: <<Topo Ticchio, Topo Ticchio! Ho una lettera per te che arriva dalla campagna! Dalla campagna!>>.
<<Oh, grazie, Topo Postino>>. E Topo Ticchio aprì con le unghiette rosicchiate la busta e tirò fuori il foglio e lo lesse ad alta voce: <<Sono Toporavanello. Ti scrivo da una patata. Sono solo, tanto solo che più solo di me c’ è solo il numero “uno”. Vorrei tanto che tu mi venissi a trovare. L’ altra notte dormivo in una zucca e nel sonno ti vidi in sogno. Vieni presto. Ho da raccontarti tante cose belle e poche cose brutte. Ti aspetto. Una leccatina dal tuo sempre amico Toporavanello. Post scriptum: uno zizzettio con leccatina a tutti i topi della fogna ed uno di più, di più, a Topopigliaguai>>.
<<Evviva! Urrah, urrah!>>, gridava tremando Topo Ticchio.
<<Zio Topo! Andrò in campagna, ché qui dentro morirei domani stesso!>>. Lo salutò pizzicandolo con le unghiette mangiucchiate e si ficcò nella sua tana per fare i bagagli. Non trovò in nessun posto, per quanto cercasse, la sua bella sacca da viaggio di pelo di gatto morto da solo, lavorata a trasporto, che chissà dov’ era finita. Estrasse da un cassetto della tana (cioè: da un buco) una piccola busta di plastica trasparente e ci mise dentro una testa nera di uccello e mezza zampa gialla di gallina e un pò d’ intestino di coniglio e poi un giocattolo di color rosso, che era una cornetta rotta di telefono: il suo portafortuna. Legò la busta con un elastico e la attorcigliò ad un fil di ferro. E andò. Si arrampicò alla parete di cemento del tombino e sporse il capo fuori… di scatto lo ritirò! ché una motocicletta stava per schiacciarglielo. <<Ohhh, che inferno! Chissà se davvero mi conviene andare>>. E ticchettava e tossiva a più non posso. <<Che paura… e mi trema pure la coda!>>. Stava per ridiscendere e rimettersi nella fogna, quando il suo cervellino pensò: <<Toporavanello… la campagna…il sole e i fiori… e la luna…>>. Riespose la testa fuori dal tombino e di scatto si tuffò sotto un muro alto e si avviò rasentandolo così tanto che pareva ci fosse stato attaccato con la colla.
Macchine che stridevano e luci che lampeggiavano incrociandosi… Se Topo Ticchio non avesse trovato tante crepe nei muri, sarebbe morto di sicuro. Da sotto al muro vide, al centro della strada, un topo morto, spiaccicato sull’ asfalto. Sembrava quasi che avessero… avessero spalmato marmellata rossa per disegnar lì a terra la sagomina di un topo. Topo Ticchio rabbrividì e tossì e sbavò. Si fermò e sporse il capo e quasi voleva allungar gli occhi, per cercar di riconoscere lo sventurato lì a terra. Ma ci rinunciò, per come l’ avevano ridotto. Gli uscì frettolosa una lacrima dagli occhietti piccoli e la asciugò sotto il pancino tremante e sudaticcio. Si mise in testa di arrivar presto in campagna, ché era già notte, e così allungò di più le zampe. E finalmente arrivò! e fece attenzione per trovare il posto dov’ era la tana di Toporavanello. Posò a terra la busta coi regali e iniziò a chiamare forte forte: <<Dove sei dove sei Toporavanello!? Non ti vedo vieni a prendermi ché son qui nell’erba rossa!>>.
Toporavanello uscì dalla sua tana (che era un pneumatico) e parlò veloce: <<Zitto, zitto! ci son cani e gatti pronti a divorarci. Parla piano, Topo Ticchio. E ora entra nella mia tana>>.
Toporavanello e Topo Ticchio si strofinarono i baffi e si scambiarono le leccatine con affetto.
<<Oh! finalmente ti ho con me, Topo Ticchio! Ma… ma… che ti prende? tossisci a bocca aperta?>>.
<<Un pò, sì. Un pò sì. Però già sto un pò meglio, qui in campagna. Ah, ti ho portato tante cose buone dalla fogna. Guarda che bello>>.
<<Oh, grazie, Topo Ticchio. I prodotti di fogna son proprio, veramente, sostanziosi!>>.
<<Ancora adesso, nonostante… c’ è ancora tanta roba buona. Ecco: testa nera di uccello. Assaggia! Mezza zampa gialla di gallina. Assaggia, assaggia! Un pò di intestino di coniglio… Assaggia>>.
Toporavanello assaggiò. <<Buoni. Buona, ‘sta testa nera di uccello morto. Com’è morto?>>.
<<Booh! L’ ho trovata nella fogna. Chissà>>.
<<Quest’ altre son cose che si trovano anche qui in campagna… Ma… e questo cos’è?>>.
<<Questo? E’ il mio portafortuna. E’ un giocattolo, una cornetta rotta di telefono. A cosa serva agli uomini, non so. Ce ne sono tante, e di tanti colori: rosse, come questa, o gialle, verdi e blu. I nostri topolini si divertono ad arrampicarcisi e ad infilarcisi dentro… Spero che ti piaccia…>>.
<<Oh quanto sei caro, Topo Ticchio! pure i giocattoli, mi porti! Sai, pure qui in campagna se ne trovan tanti. E ieri ho preso, in un certo posto…>>.
Topo Ticchio ebbe una crisi improvvisa e gli aumentò il ticchio agli occhi e gli venne tanta tosse e irrequietezza e restò a bocca aperta. Sbavò anche un pò. Toporavanello si spaventò. Dopo un poco, Topo Ticchio si acquietò. Pian pianino si riprese. Poi, finalmente, si placò. E cominciò a dire: <<E’ lo stress! la vita nella fogna mi sta facendo proprio impazzire… Non ti dico… Ha scritto pure un libro, il dottor Topolecchio: “I topi son fregati: detersivi, plastica contraccettiva e buste di supermercato”. Al dottor Topolecchio è morto un topo figlio… è morto ingoiando un cosetto di plastica contraccettiva. Perciò ha scritto il libro, Topolecchio>>.
Toporavanello capì subito di cosa parlasse Topo Ticchio. Non voleva più, neanche lui, vivere in quella che non chiamava più neanche campagna, bensì “terrascarico”. Capì. Capì, ma non disse niente, perchè vide l’ amico già rovinato a quel modo. Sospirò, facendo vibrare un poco i baffi per nascondere la delusione: aveva invitato l’ amico in campagna con l’ intento di essere poi ospitato in fogna, perché credeva che lì si potesse viver tranquilli… Cominciò a buttar fuori starnuti senza parsimonia, e saliva a goccioloni! Toporavanello stesso era malato, affetto da allergia alla polvere ed al gesso. A volte diventava mezzo rosso… chissà il sangue in quel suo minuto corpicino che faceva.
<<Che ti prende, Ravanello?>>.
<<Niente, niente, un pò di freddo in più che mi sono beccato ieri, mentre rosicchiavo una bella carota grande così e una bella patata grande così… Ora vado fuori a prenderti un pò di paglia e ti metti comodo a dormire>>. Detto fatto, uscì e tornò con tanta paglia.
<<Però, è bella spaziosa la tua tana>>, disse Topo Ticchio. <<Di che cosa è fatta?>>.
<<E’ fatta… è fatta… è fatta di corteccia d’ albero. E’ molto calda d’ inverno e molto fresca d’ estate. Qui dentro vivo felicemente bene, sai?>>.
I due topi si diedero la buonanotte e dormirono quieti fino al mattino.
Topo Ticchio si svegliò e Toporavanello si svegliò e stavano per uscire dalla tana, quando sentirono un suon di sirena e si spaventarono e poi ancora un rumoraccio di trattore e si rispaventarono e poi delle schioppettate e quasi svennero. Topo Ticchio iniziò ad avere la bava alla bocca e convulsioni, e Toporavanello lo prese sotto la zampetta dalle spalle e lo rassicurò e disse che i cacciatori erano andati via e lo convinse a uscire e a prendere un pò d’ aria. Uscirono e andarono in mezzo all’erba e, mentre zampettavano, arrivò loro al naso un puzzo forte forte di veleno verde e pieni di paura scapparono e si rifugiarono nella tana.
<<Oddio, la campagna è ancora più schifosa della fogna!>>, esclamò disperato Topo Ticchio.
E Toporavanello starnutì e arrossì e si sentì mortificato. Pensò: <<Madonna mia, perdonami, che ho combinato! Che pasticcio impasticciato ho fatto, a far venire qui Topo Ticchio, che è già tanto malato>>.
E appena ebbe finito di pensare… Un rumore più forte ancora e poi tante pietre e cemento e gesso e calce e legno vecchio… di tutto fu scaricato sul copertone che era la tana di Toporavanello. Si sentirono soffocare e stavano quasi sul punto di morire! Riuscirono ad uscir fuori e si ficcarono nella prima cosa che trovarono. Si trattava di una cassetta piena zeppa di palline bianche di polistirolo, che fu presa e messa su un triciclo da un uomo grosso con una pancia grassa e tanti baffi appiccicati al muso e da un altro, vecchio e magro e piccolino e senza capelli in testa che era proprio un nano spelacchiato da buttare.
<<Su, facciamo presto>>, disse il vecchio nano spelacchiato da buttare, che era lui a comandare.
Il triciclo partì.
Topo Ticchio e Toporavanello inghiottirono, senza volerlo, almeno ventisette palline di polistirolo e non si seppe mai chi ne mangiò di più. Toporavanello svenne e Topo Ticchio prima sbavò e poi svenne. Il triciclo fece molta strada e i due topolini svenuti sballottavano con la cassa e le palline di polistirolo. Il vecchio nano spelacchiato da buttare frenò all’improvviso e comandò all’uomo grosso con la pancia grassa di portare la cassetta in soffitta. Poi… il triciclo ripartì.
In quella soffitta viveva Toposoffitta, un piccolo topo magro da morire che era vecchio di età. Viveva lì, solo, da sette anni e non era mai riuscito a capire perchè si trovasse là, da solo e da sette anni. Pensava che altri topi al mondo non ve ne fossero: non ne aveva mai visti (lui stesso non sapeva come fosse fatto) e credeva (così com’era fatto) che esistesse solo lui: e non sapeva neanche di essere un topo. Era scheletrito, ché mangiava solo qualche ragno e qualche mosca secca e qualche pezzetto di legno, che chissà nello stomaco cosa gli succedeva. Di cibo, lì in soffitta ce n’ era molto: intere casse! Tante casse di cibo in barattoli di vetro e di stagno. Ma… e come avrebbe fatto mai Toposoffitta a mangiar quel cibo chiuso? E Toposoffitta, infatti… niente, mai niente. Solo mosche e ragni e pezzetti di legno, che chissà nello stomaco cosa gli succedeva. Boooh! Boooh! I suoi intestini, forse… sapevano… Toporavanello e Topo Ticchio rinvennero e, posati sul fondo della cassetta, iniziarono a lamentarsi e starnutire e sudare. I forti starnuti alzarono per aria le palline leggere di polistirolo e Toposoffitta si spaventò da morire. <<Chi sarà mai?>>, pensò.
Uscì per primo, dalla cassa, Topo Ticchio, che si aggrappò con forza all’ orlo e si mise sul taglio a mò di bilancia e, guardandosi intorno, balbettava e tremava e ticchettava da capo a piedi. Poi, dalle palline di polistirolo emerse anche Toporavanello che, starnutendo, ne mandò per aria una ventina. Sfiniti, i due misero zampa sul pavimento della soffitta. Si guardarono intorno più morti che vivi: Toporavanello, mortificato, non rivolse parola a Topo Ticchio, e Topo Ticchio, mortificato… non rivolse parola a Toporavanello.
Toposoffitta si nascose, ché aveva paura, e buttò un occhietto di traverso e se li squadrò bene e pensò: <<Quanto son brutti! Hanno solo la coda e i baffetti che son belli: come la mia e come i miei>>.
Toposoffitta, per guardarli meglio, uscì un pò piu fuori… <<Oh, guarda, guarda, Topo Ticchio: un topo! E che… Ha paura! indietreggia… Se la fa addosso! Che scemo!: un topo che ha paura degli altri topi!>>.
Topo Ticchio non capiva quasi più nulla.
Toporavanello: <<Che fai? Hai paura? Oddio, Oddio: è magro scheletrito. Sei… originario di qui? sei nato qui?>>. Toposoffitta prese coraggio e parlò un pò: <<Io vivo qui, son nato qui e… non si mangia mai, qui!>>.
<<Sei nato qui e vivi qui e… e non si mangia mai qui? Ma che dici? Ah, ho capito: esaurito… sei un pò malato anche tu, forse… Chi una cosa e chi un’ altra l’ abbiamo tutti. Capito, capito: sei esaurito…pasticcio impasticciato… E’ stress! Dimmi: perché hai avuto paura? Noi siam topi, tu sei topo… uguale a noi, stessa specie… qui siam tutti topi e il mondo intero è abitato da altri topi>>.
Passò un mese e tutto, si raccontarono… divennero amici. Ma soffrivano la fame!
Un giorno Toposoffitta urlò: <<Venite, venite! Tre mosche secche e un ragno morto da parecchio…>>. Ma si aprì, come impazzita, la porta della soffitta, ed entrarono degli uomini, che come selvaggi cominciarono a prendere la roba che si trovava lì e a portarla di sotto e, in poco tempo, la soffitta rimase vuota. I tre topolini erano scappati da un pezzo e si eran rifugiati sul dorso di una trave. Da giù venivano i rumori di tante macchine messe in un sol posto e la casa iniziò a tremare e poi la soffitta a scricchiolare. Rotolio di vetri e tanta polvere in cielo…
In poco tempo la casa divenne un cumulo di pietre e vetro e legno e plastica con dentro i topolini che, vista la brutta situazione, si ficcarono in un barattolo e si salvarono per un pelo! Il tutto fu poi portato via in un baleno e sacaricato in una cava, uno spazio che, poco tempo prima, ospitava tanti e tanti alberi.
Passarono giorni e giorni e, poiché la fortuna esiste, Topo Ticchio, Toporavanello e Toposoffitta si trovarono rannicchiati in un pezzo di tronco bucato e…
Oh, topi, topi! com’ è lunga questa favola!: ho le dita tutte un callo a tener stretta la penna e gli occhi mi bruciano e la testa vuole andar per forza a poggiarsi sul cuscino… Ora faccio così: la concludo in un baleno, senza virgole né punti e lineette e punto e virgola e voi, bambini, vi prego! leggete questo pezzo tutto d’ un fiato e poi… e poi scoppierete e non vi lamentateeee!
Era un bel mattino e un bambino con sulle spalle uno zaino con dentro tanto pane e formaggio stava andando in un bosco lontano per poter raccogliere funghi e fragole e ciclamini e si trovò a passar per di là e vide gli alberi tagliati che avevan dato posto alla cava e si fermò a guardare quello strazio e tanto verde morto e pianse un pò e lasciò cadere a terra lo zaino e decise di contare i tronchi tagliati e ne contò cento e fissò ben bene nella mente lo spazio che i cento tronchi occupavano stesi a terra come morti ammazzati e contò gli spazi di alberi tagliati e calcolò che ne erano stati tagliati duemila ché di spazi ne contò venti e mentre ripiangeva un altro pò Topo Ticchio e Toporavanello e Toposoffitta tirarono sù col naso e capirono che nello zaino ci poteva essere qualcosa di buono e ci si ficcarono dentro e con tanto tanto appetito mangiarono pane e formaggio e il bambino alzò da terra lo zaino e si incamminò verso il bosco e lì i tre topolini misero fuor dal sacco gli occhi e Toporavanello gridò che erano in un bosco e tuffandosi zampettarono veloci e si rincorsero e si nascosero e che decisero di fare io ora non lo so forse forse di vivere lì sperando di starci per sempre felici felici buonanotte io ho sonno ho sonno e che bello è chiudere gli occhi e intrufolar la testa nel cuscino e e bambini date per me un bel bacio alla vostra maestra se vi leggerà questa brutta favola
punto e basta
fagioli con la pasta?