Il giovane mercante

Un giorno un giovane mercante, vestito bello bello come uno sposo, passeggiava per la piazza del paese e incrociò un signore che conosceva poco e lo salutò garbatamente, con un mezzo inchino. Questi, vistosi salutato, lo invitò pregandolo, ad andare a casa sua a prendere un caffè insieme. Il giovane mercante, vestito bello bello come uno sposo, vistosi pregare così tanto, per educazione andò. <<Voi siete Caio il mercante?>>.
<<Sì, sono Caio il mercante>>.
<<Ma guarda un pò, guarda un pò: chi t’ incontro, oggi? Caio il mercante! Io son Tizio e, guarda un pò, guarda un pò, son mercante anch’io>>, e gli lanciò la mano. <<Piacere, Tizio>>.
<<Piacere, Caio>>.
Ed entrati in casa, si misero seduti su due grosse poltrone vecchie. Tizio chiese a Caio che prezzo avesse la seta importata dalla Cina e le tante spezie importate dall’Oriente. E mentre domandava tante altre cose, gli venne in mente di portar cibo alle galline che stavano in giardino e lo invitò ad uscir fuori insieme.
Le galline erano sparse qua e là a pizzicar la terra, per cercar di scovare qualche verme. <<Se non dò loro il cibo, queste, le vedi? non fan le uova!>>, disse Tizio. Le galline coccodearono in coro: <<finalmente oggi forse si mangia!>>. In un angolo di muro c’ era un cane, legato in malo modo ad una catena arrugginita. Saltellando come un bambino, sbraitava e chiedeva cibo. <<Ha sempre fame, questo cane!>>, diceva Tizio, che intanto dava cibo alle galline. <<Buono, buono, aspetta: ti dò del pane… >>. Aprì uno sportello di un mobile rotto che stava sotto al muro e tirò fuori un pezzo di pane che s’ era fatto verde dalla vecchiaia e lo ficcò in un secchio pieno d’ acqua che s’ era fatta verde dalla vecchiaia e lo bagnò e lo tirò sgarbatamente al cane che, afferratolo al volo, lo mangiò. <<Accidenti, quanto pane mangia questo cane! Lo tratto bene, eh? Quanto pane, quanto pane, gli dò!>>.
<<Mangia solo pane?>>.
<<Sì, sì: tanto tanto>>.
<<Niente carne?>>.
<<Carne? Qualche volta un osso glielo dò! Mangia, mangia, quanto pane mangia!>>.
<<E’ piccolo di età, vero?>>.
<<Ha sei anni>>.
<<Sei anni? E’ piccolo: sembra un cucciolo. Non è cresciuto! Oddio, per forza non cresce: non mangia proteine!>>.
<<Prote… cheee?>>
<<Proteine>>.
<<Prote… Prote-ine?>>.
<<Si!>>.
Nel giardino erano piantati pochi filari di piselli. Caio colse otto piselli e, mangiandoli, man mano, per gioco tirò le bucce al cane. E il cane le ingoiò voracemente, come se fosse stata carne di prima qualità e abbaiava, ché ne voleva altre.
<<Tizio, guarda: il tuo cane mangia le bucce di piselli>>. Tizio, intanto, stava a staccar da un albero un’ arancia, quasi nera per malattia, ché ne aveva voglia, e la aprì, lanciando, per imitazione, le bucce al cane, che stava lì ad abbaiare. La bestia si tuffò come un leone e le buttò in pancia in un baleno.
<<Oddio, povero, cane, com’è ridotto!>>, mormorò zitto zitto Caio. <<Ha bisogno di vitamine e proteine, povero cane, perciò non è cresciuto… Con un tozzo di pane verde ogni chissà quando, com’è, com’è che poteva crescere? Per ridursi a mangiar le bucce di un’ arancia malata, che sono acri come il veleno… >>. E Caio volle vedere quant’era fondo il pozzo.
Strappò da una piccola pianta un piccolo limone verde, e lo lanciò al cane. E… e che fece il cane? Lo masticò appena e poi lo catapultò in pancia. Tizio vide la scena e disse sorridendo: <<Mi giocherei tutto! Al mondo, nessuno ha un cane che mangia i limoni>>. E rise come un porco, mostrando i suoi denti gialli e malati.
<<Ma quand’è che muori, Tizio? Che le persone come te rovinano il mondo intero. Per un soldo, saresti capace di far morire un bambino>>, pronunciò, blablando, Caio.
<<Hai detto qualcosa?>>.
<<Sì. Blablavo un motivetto di una canzone, che in questo momento mi è venuto in mente. Fa così: <<Quand’è, quand’è che muori / o figlio di un topo secco / ché le persone come te / rovinano il mondo intero: / ché per un soldo schifoso / faresti morire un bambino. / E quel bambino / figlio di un topo secco / potrebbe esser tuo figlio. / il mondo vi porta in giro / vergognandosi di voi. / Ma nulla ci può fare: / un lungo gatto salta su un muro / e un cane mangia il limone per un pò di vitamineee>>… Bello, eh, il motivetto? Ci ho ficcato dentro anche il tuo cane che mangia il limone, hai visto?>>.
<<Sfizioso per davvero>>, disse Tizio. <<Ma senti: vogliamo si o no far degli affari insieme? So che tu sei un commerciante che compra tutto e vende tutto. E ridimmi un pò: che prezzo ha la seta importata dalla Cina e le spezie che vengono dall’Oriente? E allora, vogliamo si o no, far degli affari assieme?>>.
<<Neanche mezzo ne farei con te! E scappo via di corsa, ché ho paura che mi spogli e mi porti via i panni. Se il tuo cane lo hai ridotto in questo modo, che mangerebbe perfino dei chiodi con punte così, in un epoca in cui si scoppia di abbondanza! che sarebbe di me, se mi mettessi in società con te? Mi spolperesti come un gambero! Però, però, con te un affare lo voglio fare: ché io faccio sempre affari, dovunque vado… Me lo vendi, il cane?>>.
<<Cosa? Vuoi il cane?.. e che ne fai?>>.
<<Son fatti miei. Ti dò, in cambio, cinque gatti>>.
<<Cinque gatti? Ma che, sei matto? Mi tolgo il cane per aver cinque gatti? Chissà, chissà quanto pane mi porterebbero via!>>.
<<E allora, ecco: ti do quest’ anello d’ oro!>>.
<<Accetto! Sei furbo. lo so perché vuoi il mio cane: mangia i limoni! e tu lo vuoi vendere ad un circo, per farne un’ attrazione. Comunque, accetto. Mi conviene: l’ anello è d’ oro e non mangia pane>>.
<<Povero cane! Vieni, vieni: ti dò tanto cibo da farti scoppiare. E’ un povero porco, il tuo padrone. Ti darò tanto, tanto da mangiare, però ad un patto: che se ti capitasse a tiro il tuo padrone, gli dovrai staccare una gamba. Solo questo, ti chiedo>>.
Caio ed il cane furono per strada.
<<Caio! Caio!>>, chiamò Tizio dal muretto del suo giardino. <<Non ti ho detto come si chiama il cane! Jessica! Jessica, si chiama!>>.
E Jessica, sentendosi chiamare, si mise al centro della strada. E un ragazzo che sembrava un negro, ché aveva la faccia sporca sporca di grasso, su una motocicletta mezza spaccata che sfracassava con un rumor di grossi coperchi di pentola sbattuti, sfiorò il cane e stava per metterlo sotto e… e Jessica scappò via, con la paura in corpo! e tenuta stretta alla catena da Caio bello e ben vestito come uno sposo, trascino questi per terra, in una pozzanghera nera e puzzolente.
<<Caio! Si chiama Jessica!>>.
<<Ma vaffanculo! A te, e pure a me, che ti ho salutato in piazza, stamattina!>>.

Se questo favola ti è piaciuto,condividerlo.

Articoli simili