Il gatto che prima era ricco
C’ era una volta un gatto molto ricco, che era amico di un gatto molto povero.
Il gatto molto ricco abitava in un maestoso palazzo splendente. Le stanze erano adornate, tutt’intorno, da gioiosi parati in seta di Cina e i soffitti con affreschi di gran valore.
Un immenso giardino circondava la sua casa e ospitava fiori tra i più belli e rari di questo mondo. Numerosi specchi d’ acqua, dalle forme geometriche più strane, giocavano in macchie di prati verdi, sparse qua e là; i cigni, naturalmente, non mancavano.
Possedeva molti cavalli e molte carrozze e, al suo servizio, teneva molte scimmie contadine che zappavano i campi e seminavano e potavano.
Era amico di tutti quanti gli animali: gli uccelli gli danzavano amorevolmente intorno e, chiassando a cinguettii, gli alzavano persino la coda, divertiti. Spesso, teneva dei banchetti e invitava i gatti ricchi del paese e, naturalmente, anche il suo amico, il gatto povero. Volavano festosi gli uccellini, che, vedendoli insieme nelle ampie e luminose stanze del palazzo, cinguettavano euforici, fino a dilatarsi il becco con forza. Il gatto ricco e il gatto povero li ammiravano e sorridevano e giocavano con loro.
I pranzi erano opulenti e al gatto povero venivano sempre offerti i piatti più prelibati e le porzioni più grosse. Ma un giorno… maledetto giorno!: il gatto ricco si… una bufera… Perse tutte le sue navi. Il mare le ingoiò tutte! Tutte! Senza risparmiarne nessuna. Andarono in fumo tutte le sue sostanze e diventò d’ un tratto povero!
E i suoi servitori dovettero lasciarlo, ché avevano famiglia.
Andò, solo solo, ad abitare in una casa diroccata, che aveva come ornamento, alle pareti, buchi e buchi in gran quantità! E… un buco sì ed uno no, vi dimoravano dei grossi topi, dai denti affilati.
Il gatto che era stato ricco, s’ era ammalato per il grande dispiacere, e non essendo, poi, abituato a cacciar topi che sembravano belve, chiese aiuto al suo amico, il gatto povero. Lo supplicò di aiutarlo, in nome della grande amicizia che da sempre li aveva uniti.
Il gatto povero, con pazienza, lo ascoltò senza interromperlo, poi con dolcezza gli rispose: <<Colpa tua!, ché mi hai male abituato, se adesso non posso aiutarti. Io, di fatto, sono stato sempre ricco (grazie a te!), e senza mai aver nessun pensiero per la testa. Anch’io, come tu ben sai… aspetta, lasciami spiegare… anch’io, come tu ben sai, son vissuto agiatamente e non son certo più abituato a dar la caccia a toponi con i denti affilati, ma preferisco giocar fingendo il sorriso, con gli uccelletti che mi credono ricco… E non si avvedono che, ogni tanto, ne mangio uno, masticandolo a bocca chiusa!>>.